martedì 26 luglio 2011

il mio George

Sono seduta qui da almeno un’ora. Niente di nuovo, insomma.
Per questo arrivo sempre preparatissima: libro (non devo averne già superato la metà però, altrimenti rischio di finirlo e poi passo il tempo a girarmi i pollici), cellulare carico, bottiglietta d’acqua, lettore mp3, un giornale di gossip (grazie a cui la distrazione dura più o meno cinque minuti), varie ed eventuali.
Già, la mia borsa assomiglia pericolosamente alla più famosa shopping bag di tutti i tempi, quella di Mary Poppins, ma non ci si può far trovare impreparati alla Lunga Attesa.
Le vedo spesso, quelle donne che arrivano qui tutte pimpanti, sorridono a destra e a manca, afferrano un giornale dal cestino e si siedono comodamente al primo posto libero
 Scommetto con me stessa su quanto ci impiegheranno a perdere l’ottimismo (anche questo aiuta a far passare il tempo). 
E infatti, dopo aver sfogliato due o tre riviste, iniziano a dare i primi segnali di fibrillazione: accavallano le gambe, per distenderle subito dopo. Le schiene iniziano ad incurvarsi, l’espressione rilassata lascia il posto a fronte corrugata e sospiro facile. Si spostano sulla sedia: prima una chiappa, poi l’altra.

martedì 29 marzo 2011

Quando si cade dal pero...


Se la caduta viene intesa in senso letterale, l’effetto collaterale è generalmente una botta al sedere. Considerato però che di gente che, non avendo altro da fare, si arrampica su un pero non ne conosco molta, pensatela in maniera figurata. E, in questo caso, la conseguenza può essere ben peggiore di un ematoma coccigeo.

Caso 1

Sono settimane che il tuo ragazzo è distratto, lo senti lontano. Non ti guarda più come all’inizio, si è dimenticato del tuo compleanno e, quando camminate per strada, sta sempre due passi davanti o dietro a te. 
Una sera ti chiede di parlare. «Certo amore», gli rispondi sbattendo le ciglia. Perché, qual è stato il tuo primo pensiero?!  Ovvio! “Finalmente si è deciso e mi chiederà di sposarlo!” Le mani iniziano a sudarti e ripassi mentalmente le prove che da mesi fai alla sera davanti allo specchio, cercando di ricordarti l’espressione di stupore migliore che ti fosse riuscita.
Ora, non venire qui a piangere se il tuo Lui è stato così insensibile da dirti “voglio lasciarti” invece che “voglio passare il resto della mia vita con te”. Non è che lui è senza cuore, sei tu che sei scema.

Caduta dal pero = quando succede qualcosa che proprio non ti aspetti, qualcosa che ti spiazza e ti lascia molto più che perplessa, oserei dire sconvolta.

Caso 2

Lui ti cerca, ti chiama, insiste per accompagnarti a casa e aspetta che entri dal cancello per spegnere la macchina e mettersi comodo sul sedile. Fa la guardia davanti alla tua finestra tutte le notti, sai mai che arrivi un ladro o qualcuno che vuole avvelenarti il cane.
Parla di te in continuazione (lo sai perché te lo dicono le tue amiche e lo leggi anche su Facebook), quando siete fuori con gli amici non fa che fissarti, si siede sempre di fianco a te, ti difende a spada tratta in qualunque discussione. Ieri si è tatuato il tuo nome sul polpaccio.
Una tua amica ti chiede: «Hai deciso cosa fare con Lui?»
E tu le rispondi candidamente: «In che senso?»
«Nel senso se ci stai o no!» (l’amica non cade nel volgare).
«Perché, dici che gli piaccio?!»

No, ti scrive sedici messaggi al giorno perché ha il cellulare nuovo e così impara ad usare il touchscreen. 
Porta a spasso il tuo cane tutti i giorni perché adora gli animali e sua madre non gliene ha mai comprato uno e ti fa un regalo alla settimana perché non sa proprio come spendere quei 700 euro al mese che guadagna. Ma ci sei o ti fai??

Caduta dal pero = molto simile alla prima accezione, indica uno scontro con la realtà, uno “svegliarsi” dal torpore del proprio mondo fatato.


Caso 3

Sta piangendo. La tua amica sta piangendo, disperata, inconsolabile.
«Che succede?» le chiedi preoccupata.
«Ho un ritardo!» confessa con tutta la disperazione di cui è capace.
«Cavoli, questo sì che è un problema. Ma scusa, quando può essere successo?» domanda plausibile.
«Non lo so, fammici pensare… » risposta che a tuo avviso richiederebbe al massimo 4 secondi. «Bé, dunque, potrebbe essere stato il 9 sera, oppure la mattina del 10, quando si è fermato a dormire da me. Oppure il 12, dopo quella festa da Gioia, ti ricordi? Se no un paio di giorni dopo, che ero a casa da sola. O anche il 17, sai per esorcizzare la sfiga, sai mai….» e avanti così per un paio di minuti buoni.
«Scusami, ma non avete usato precauzioni?» le chiedi aggrottando le sopracciglia.
«Bè, no. La pillola mi fa ingrassare e non esiste che la prendo di nuovo. Il preservativo, che schifo, si commenta da solo, tanto vale non farlo allora. Che altro c’è? Ah sì, il cerotto: stesso discorso della pillola, fammi un piacere! E spirale e diaframma, quelle cose lì non fanno per me!»
Ora tu, cercando di far ritornare il mento alla posizione originaria (causa caduta improvvisa e involontaria, accompagnata da un’espressione degli occhi manco avessi visto la Madonna di Fatima), le chiedi: «E quindi? Come facevate?»
«Bé, ovvio, lui ci stava attento, no?»
Certo, ci stava attento. E tu scema che prendi la pillola da dieci anni e spettegoli ogni giorno con la tua migliore amica, Ritenzione Idrica. Tu stupida che, quando facevi una pausa dalla pillola, compravi 5 scatole di profilattici perché “non si sa mai quando può capitare”… potrei continuare così per interi paragrafi, ma mi fermerò qui.
Lei conclude dicendo: «Cavoli, non so cosa fare. Non avrei mai voluto dover andare in farmacia a comprare un test».

Caduta dal pero = rendersi conto di qualcosa che è evidente per chiunque altro. Nello specifico caso e secondo il mio più che modesto parere, è sinonimo di totale deficienza. 

sabato 26 marzo 2011

Ad ognuna le sue

Avete mai sentito la frase che dice: “Quando Dio distribuiva…. lui era in bagno”? Immagino di sì. Almeno una volta nella vostra vita qualcuno ve l’avrà detta. Bene, ora la sentirete anche da me.
Dunque, potrei iniziare dicendo: “quando Dio ha distribuito le tette, io ero a pettinare le bambole”. E m’hanno detto che ero in buona compagnia.
Chissà quanti bambolotti con i capelli perfettamente in ordine sono stati maledetti da quelle povere donzelle che, arrivate alla pubertà, hanno atteso invano davanti allo specchio che la propria pianura desolata si trasformasse all’improvviso in un paio di dolci colline, con la speranza ancora più forte che le suddette diventassero presto vette spioventi da fare invidia alle Dolomiti. Ecco, io non sono rimasta alla pianura né arrivata alle montagne. Diciamo che mi sono fermata sui primi colli per assaporare l’aria fresca e il mio corpo deve averci trovato la temperatura ideale, perché da lì non s’è più scollato.  

Devo ammettere che ero partita piuttosto bene: in prima media il mio soprannome era “airbag” e non era ironico. E di cosa ti lamenti, mi chiederete?! Avete presente le vostre compagne di classe a quell’età? Quante tettone potete contare? Scommetto saranno al massimo due, e solo perché tutte le altre avevano ancora il fisico che sfoggiavano a 6 anni. 
In prima media, io potevo vantare un’ottima seconda misura. Peccato che all’epoca non me ne potesse fregare di meno (anzi era imbarazzante quel soprannome da portare) e, peccato ancora più grande, non so chi abbia deciso che lì mi dovevo fermare. Niente da dire, per carità. Ma quando, verso i 15-16 anni, alcune mie amiche sono letteralmente “scoppiate”, io e il gruppetto delle altre povere illuse ci siamo strette in un triste abbraccio (metaforicamente) e abbiamo pianto in silenzio (letteralmente).

Quindi, eccomi qui, a quasi trent’anni, ancora non convinta di aver raggiunto la completa maturazione fisica.. Eh sì, perché dove sta scritto che qualcosa non può ancora cambiare?  Mica c’è un limite alla provvidenza divina, no?! Beh, almeno lasciatemi una pia illusione, che male fa?
Comunque, se vogliamo dirla tutta, non è così male avere poche tette. Intanto, meglio poche ma buone e mai detto fu più veritiero. Avere una quinta, ma sentirle sbattere contro l’ombelico ad ogni passo non è poi questa gran conquista!


È risaputo che il seno più bello è quello a coppa di champagne, no?

Non di certo ad insalatiera o a boccale di birra! Per carità!
Quindi, vi prego, andiamo fiere delle nostre bellissime porta cocktail (che – a dircela tutta - sono molto più raffinati della birra)!





La più grande consolazione? Noi possiamo mettere di tutto: maglie accollate, scolli vertiginosi, scolli all’americana, a cuore (e chi più ne ha più ne metta) senza mai sembrare volgari. Giusto?!


             Belle, per carità, ma…. Andiamo!!!











Quindi, ragazze, immoliamoci sull’altare del buon gusto e andiamo fiere delle nostre fresche colline!

   

venerdì 25 marzo 2011

e ci voleva pure il Coccolone

Non so se vi sia mai capitato che la Sfiga scopra il vostro indirizzo e venga a bussare – non molto delicatamente – al portone. Magari sarete fortunati e deciderà di sloggiare entro breve, ma non a tutti va così di lusso.
Sarà la nuova doccia extra large, sarà la televisione 50 pollici in salotto o la combinazione Xbox/Wii che non lascia spazio alla noia – di sicuro non la qualità della cucina – fatto sta che l’ospite, la Sfiga, a casa nostra vive come una regina. Se si sente fuori forma si fa anche 4 salti sulla Balance Board. Chi se la passa meglio di così?!

Per carità, di cose peggiori ce ne sono eccome, finché i problemi sono questi siamo fortunati e bla bla bla… ma vorrei vedere voi, se Sfiga si porta dietro tutti gli amichetti! L’altra settimana ha scoperto il Guitar Hero e da allora non stiamo più in pace: Raffreddore alla batteria, Coccolone (soprannominato Caccabrutta) al basso – dove altro se no – e S.I. (Sintomi influenzali) alla chitarra. Lei, ovviamente, da star, fa la voce. E non le riesce nemmeno troppo male. 
La nostra equazione recita così: serate sfumate + clausura totale a giorni alterni = figlio del farmacista che negli ultimi quattro mesi ha cambiato 3 macchine. Ditemi voi se poi non mi devono girare le balle! Ci avesse almeno chiesto un parere sul colore della carrozzeria… niente di niente! Guarda te ‘sto ingrato…
La nostra fortunata coppia è stata vittima, nell’ordine, di: operazione chirurgica di Lui (niente di grave, eh) con annessa convalescenza della durata di 40 giorni (trascorsi guardando la Tv, non avendo la facoltà di fare altro), due coliche renali – sottolineo come la sottoscritta non abbia MAI sofferto di calcoli. Sembra che la nostra sopracitata inquilina non sia arrivata sola – un weekend di mal di schiena che mi ha costretto a letto, influenza intestinale (sempre Lui) e crisi di raffreddore che ci rimbalziamo dall’uno all’altra come campioni di ping pong. Siamo la barzelletta di tutti i nostri amici.
Armati di panciera scaccia coliche-Coccolone-colpo di freddo sembriamo Sandra e Raimondo, solo più vecchi.
C’è chi si chiede se, almeno in spiaggia, ci permetteremo un ombelico scoperto o se ci faremo cucire addosso un velo do lana merinos – sai mai che si alzi il venticello?!
Ora io mi domando: perché fino a qualche anno fa me ne giravo impunemente a pancia scoperta e ballerine senza calze – in febbraio – e non mi beccavo neanche un mal di gola? Perché uscivo con i capelli ancora bagnati, neanche sapevo cosa fosse una canottiera e il mio armadio non faceva distinzione tra calzini invernali ed estivi – semplicemente di “invernali” non ne avevo?
È l’età, direte. Tié, vi rispondo. Manco sono arrivata a trent’anni!
Spero di averne davanti anche il doppio – sempre se non mi levo la panciera, ovvio.
E per fortuna che, in tutto ciò, sono in buona compagnia. Pensate cosa sarebbe successo se mio marito fosse nato con un fisico resistente a qualunque batterio/virus/vento forte: non saremmo arrivati al secondo anniversario. Invece, beati noi, ci facciamo buona compagnia: divano, coperte a go go, montagne di pacchetti di fazzoletti e un armadietto dei medicinali che manco la farmacia del Vaticano!

Tenendoci per mano – una sola, perché l’altra è impegnata a soffiare il naso/sparare Tantum verde in gola/spalmare pomate sulla fronte – guardiamo la televisione e ci asciughiamo le lacrime a vicenda. Ma quale film romantico…. Raffreddore di meeeeeeeeerda!

Aggiornamento: la nostra amica ventenne – inquilina del piano di sotto – s’è presa un Coccolone pure lei. Quindi fanculo l’età, non c’entra niente.
Gliel’ho detto mille volte a Sfiga di non fermarsi per strada quando va a comprarmi le sigarette. M’ascoltasse una buona volta!

giovedì 24 marzo 2011

da grande voglio fare la spogliarellista

Una crede di avere avuto una bella trovata a creare un blog (non originale, per carità, ma sicuramente divertente) e quando incontra la prima difficoltà?! Subito!
Neanche il tempo di esultare per il traguardo raggiunto (?) che quella finestrella bianca ti fa cadere ogni certezza. Nome blog: ........... E che ci vuole?! Penso io, me ne vengono in mente almeno mille di nomi! Aspetta un po'........
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Vuoto. Nero. Desolazione. Sono scema.
No, non sono scema, solo non mi vengono idee geniali in questo momento. E che ci stai a fare qui allora?! mi viene da chiedermi. Niente. Cioè, vorrei iniziare a tenere un blog, solo questo. Ma mi sento come quando avevo quattro anni e tutti mi chiedevano cosa volevo fare da grande. Ma cosa volete che ne sappia una bambina che va all'asilo?! Ditelo che la vostra intenzione è solo quella (poco encomiabile) di ridere delle uscite dei nanetti!
E io che facevo? Li accontentavo! Che ci crediate o no, la mia risposta alla fatidica domanda, fino ai 5 anni, era questa: DA GRANDE VOGLIO FARE LA SPOGLIARELLISTA.
Immaginate le facce degli amici dei miei o degli zii: prima aprivano la bocca, spalancavano gli occhi e, dopo un paio di secondi, ecco la risata. Fragorosa, disarmante, liberatoria. Visto?! Accontentati!
Non credo che, all'epoca, sapessi cosa faceva davvero una spogliarellista (la mia videoteca hard al momento comprendeva solo gli incesti di Georgie e le minigonne di Candy Candy), ma credo che poco me ne importasse...

Comunque, tornando a noi e al titolo di questo blog... SPRITZ. Immancabile, insostituibile, inimitabile. Devo continuare? Non credo serva.

Sarà perchè sono veneta, sarà perchè ho passato anni a Padova (e lì l'università è sinonimo di mercoledì-spritz), fatto sta che, senza spritz, una serata non può iniziare.
E, davanti ad uno spritz, ne possono succedere di tutti i colori... e, se ne avrete voglia, ve ne racconterò qualcuna...
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